Parco Urbano Miralfiore

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Il Parco Urbano Miralfiore si trova proprio nel cuore di Pesaro, a ridosso della stazione ferroviaria alla quale è collegato con un sottopassaggio. Si estende per circa 20 ettari, attraversato da una pista ciclabile e da una pista pedonale sopraelevata, circondata da alberi e cespugli. Ricco di scorci e suggestioni, è molto apprezzata e vissuta dai cittadini, anche grazie alla grande piazza di forma ellittica e all’anfiteatro naturale, sede di manifestazioni all’aperto e lezioni di yoga. Testimonianza della storia e delle sue famiglie più in vista della città (Della Rovere, Castelbarco Albani), costituisce un mirabile esempio di progettazione urbana capace di fondere le tracce del passato alla salvaguardia per la biodiversità, all’educazione dei cittadini allo sport e al divertimento.

La sistemazione a verde, all’interno del grande progetto di riqualifica dell’area capitanata da Fulco Pratesi a partire dal 1996, è stata curata dai dottori agronomi e paesaggisti Sabina Filippi e Alberto Giangolini, dello Studio Associato Landesign, di Pesaro, fra il 2000 e il 2009.

La parte della proprietà oggi pubblica era un tempo una florida azienda agricola, nella quale sono stati conservati o reintrodotti gli elementi tipici del paesaggio agrario pesarese, come filari di alberi da frutto e di salici lungo i fossi, la parcellizzazione dei campi per antiche rotazioni, le tracce di antiche vigne con tutori vivi.

Grande spazio è stato dato alle zone naturalistiche: sul lato del parco rivolta verso il fiume si estende una zona recintata di circa 8 ettari, la cui gestione è affidata al WWF, che comprende un ampio lago e un’area naturalistica volta a favorire la biodiversità animale e vegetale. Nel lago vivono svariate specie di volatili, tra cui aironi cenerini, cormorani, qualche coppia di gallinelle d’acqua, martin pescatori e molte anatre domestiche, che si può osservare grazie a un apposito capanno. Una parte del lago è adibito a stagno, collegato attraverso la parte più ampia da un breve tunnel subacqueo: attraverso cristalli è possibile osservare fauna e flora acquatiche. Un altro percorso attraversa una “casa delle farfalle”.

Ampie zone sono dedicate ai prati selvatici, in cui crescono numerose orchidee, un’altra alle farfalle, con piante nutrici e nettarifere, un altra ancora al bosco igrofilo (amante dell’umidità). Di grande impatto la distesa erbosa cadenzata da due filari paralleli, già esistenti: uno di cipressi e l’altro di antiche piante di pero, motivo ripreso da un altro filare di giovani peri, appartenenti alla medesima varietà antica.

Ai lati di via Solferino e via Cimarosa sono presenti due aree rimboschite già nella prima metà del secolo scorso, a base di conifere, mentre attorno alla villa presente nel parco, detta Villa Albani o Villa Miralfiore, e al suo giardino all’italiana (entrambi privati e non visitabili), si sviluppa un bosco storico (in parte pubblico) ricco di pini domestici e d’aleppo, lecci, rovelle, tigli spettacolari.

La storia di Villa Miralfiore e del suo parco (tratta dalla relazione storica gentilmente fornita da Alberto Giangolini, Studio Associati Landesign)

L’area del parco Miralfiori è quanto rimane della vasta tenuta della famiglia Albani che circondava la Villa Miralfiore e si estendeva dalle mura cittadine fino al primo scolmatore del foglia allora situato circa all’altezza di Villa S. Martino. Come evidenziato nella relazione storica, tranne il vero e proprio Parco della Villa si trattava di un’area intensamente utilizzata per la produzione agricola, che tuttavia manteneva ancora consistenti elementi di “naturalità” soprattutto in corrispondenza della zona di esondazione del fiume Foglia, dove si trovavano “pantani”, boschetti ripariali a salice e vaste zone a canneto.

Tra i giardini storici delle Marche Villa Miralfiore e i suoi giardini, appare ancora oggi un esempio mirabile di sistemazione territoriale legata alla edificazione di un sito architettonico.

Tale possessione ha configurato per secoli il territorio circostante la città di Pesaro, rappresentandone l’elemento di connessione tra il centro abitato e la campagna.

Situata nell’immediata periferia di Pesaro (…), la proprietà, che oggi si estende su di una superficie di circa 25 ha, presenta giacitura pianeggiante, anche se ai tempi del suo massimo splendore i giardini circostanti la villa erano organizzati in terrazzamenti, nello stile tipico dell’epoca. Il terrazzamento del parterre principale è ancora oggi esistente con le sue geometrie a compartimenti realizzati in bosso, mentre i principali elementi di arredo realizzati nel XVI secolo come la pergola e la grande peschiera, sono oggi scomparsi.

Sorta come tenuta agricola e trasformata poi in villa di delizie a partire dal 1559 quando veniva acquistata dal duca Guidobaldo II Della Rovere, Villa Miralfiore ha sempre giocato un ruolo determinante nel governo del territorio intorno alla città di Pesaro, in considerazione del fatto che rispetto ad essa si trova ad essere collocata in prossimità della strada di accesso principale e nello stesso tempo si pone come un cuneo verde tra l’asse del fiume Foglia e quello del canale Albani. (…) questa tenuta era considerata la migliore azienda agricola del circondario ed allo stesso tempo il luogo che attribuisce il massimo prestigio al suo proprietario.

Per queste sue ricchezze Villa Miralfiore ha contribuito fortemente ad influenzare le vicende storiche, culturali e sociali, costituendo in passato il luogo di rappresentanza per eccellenza, motivo di sosta e di soggiorno per tutte le corti che si trovavano a transitare per la città, offrendo un ambiente più informale della vita di palazzo e motivo di delizia per un piacevole soggiorno.

Inoltre, l’abbondanza della risorsa idrica dovuta alla presenza del fiume Foglia, delle sue derivazioni e canalizzazioni ne arricchisce ulteriormente le potenzialità produttive ed allo stesso tempo imprime a tutta la tenuta un motivo di fondamentale importanza nelle opere di regimazione delle acque che nei secoli sono state effettuate allo scopo di contenere le esondazioni del fiume e la bonifica dei terreni paludosi circostanti la città di Pesaro (…).

Le prime testimonianze parlano del Miralfiore come possedimento di natura ecclesiastica, dal momento che intorno al 1438 risulta che la chiesa ed il convento dell’Osservanza si trovavano al suo interno.
In seguito dopo alcuni passaggi di proprietà, la villa entra in possesso intorno ai primi decenni del ‘500, di Pier Simone Bonamini che inizia a trasformare la residenza di campagna in villa di delizia. Le cronache riportano che la consistenza del fondo risultava pari a 15.200 pertiche.

A partire dal 1559 i duchi Della Rovere acquistano la proprietà e continuano ad effettuare lavori di ampliamento ed abbellimento della villa, tanto che già nel 1583 si parla di peschiere, fonti e giochi d’acqua in corso di realizzazione, con il contributo di famosi architetti dell’epoca, tra cui Bartolomeo Genga. (…). Successivamente i Medici di Firenze acquisirono la villa e ne mantennero la proprietà fino al 1756 quando passo in mano alla Casa di Lorena. In seguito, la Camera Apostolica riscattò la proprietà e la concedette in enfiteusi ai Principi Albani di Urbino e per discendenza divennero proprietari della Villa Miralfiore fino ai giorni nostri i Conti di Castelbarco (…).

Le risorse idriche fonte di ricchezza di Villa Miralfiore

Le cronache cinquecentesche descrivono dettagliatamente la ricchezza d’acqua del sito, elemento che ha reso possibile l’arricchimento dei giardini con fonti, giochi d’acqua, peschiere, canali e ponticelli secondo i costumi tipici di quell’epoca, tra cui soprattutto i giochi d’acqua erano presenti all’interno di una grotta appositamente realizzata, all’interno della quale spruzzi e getti nascosti in alcuni sedili ne deliziavano la visita dei frequentatori.

I giardini ed il podere Miralfiore nel XVIII secolo

Quando la Santa Sede Apostolica, intorno alla metà del secolo XVIII, entrò in possesso della tenuta del Miralfiore, fu commissionato uno studio redatto dal Cav. Bonamici che descriveva dettagliatamente lo stato di conservazione del giardino.
Altri rilievi effettuati successivamente ed ancora oggi rinvenibili presso l’archivio di Villa Miralfiore, descrivevano nel dettaglio la tenuta agricola annessa alla residenza.

Attraverso queste due testimonianze è stato possibile ricostruire la sistemazione territoriale settecentesca di Villa Miralfiore e dei suoi possedimenti.
La Pianta di Palazzo e dei Giardini di Miralfiore redatta dal Bonamici descrive la presenza di tre giardini denominati: il giardino di sotto, il giardino di sopra ed il giardino delle fontane (…). Circa la tenuta agricola annessa al palazzo, le cronache settecentesche redigono un dettagliato inventario della sua consistenza e parlano di una superficie di 22.934 Canne di Pesaro (…). L’orditura di campi e fossi occupava tutta la superficie agricola con un alternarsi di terreno arativo di volta in volta alberato, filonato (con vite), cannettato e morato. Viene descritta anche la consistenza del vivaio che comprendeva 1.159 oppi (Acero campestre), 8.000 viti, 754 mori, 17 amandoli e 64 alberi da frutto assortiti. Interessante la descrizione di essenze particolari come agrumi in vasi di creta, fiori, erbe odorifere, cedrati gentili calabresi, limoni gentili, bergamotti, gelsomini di Catalogna e garofani.

Villa Miralfiore come esempio rinascimentale di assetto territoriale

I giardini e la tenuta agricola di Villa Miralfiore sono ancora oggi da considerare come un mirabile esempio di architettura rinascimentale, che con il loro apporto di invarianti dell’architettura hanno contribuito a canonizzare la trasformazione del territorio per mano antropica, tramite l’introduzione di un processo semiologico che esalta come elementi fondamentali del costruito la simmetria, l’euritmia ed i tracciati regolari.

Gli elementi geometrici quadrati e rettangolari ripetuti in moduli regolari sono ancora oggi riconoscibili sia all’interno dei giardini che in tutta la porzione agricola e testimoniano lo sforzo degli architetti dell’epoca, di imprimere al territorio una sistemazione ordinata e logica, che parte dalla percezione del “bello” inteso come elemento naturale, manipolato e reso artificiale e artistico attraverso la lettura della prospettiva.

Da questi presupposti si può concepire una visione di Villa Miralfiore e dei suoi giardini come di un proseguimento ideale della struttura urbanistica della Pesaro rinascimentale, con i suoi tracciati, i suoi percorsi e le sue simmetrie che si protendono anche fuori le mura, plasmando il territorio agricolo ed imprimendogli un ordine segno di alta civiltà e cultura.

Alberto Giangolini agronomo paesaggista

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